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Tutta la Scozia di Tronky

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Soprannome, Tronky. Ma lui, Alessandro Troncon, non era una merendina friabile. Come dicono i francesi, una faccia da rugby. Lui ce l’aveva, ce l’ha. E ora che si avvicina Italia-Scozia, è facile tornare a quel 5 febbraio 2000 al Flaminio – il quarto di secolo non è lontano – quando l‘Italia invitata ad allargare il Torneo ebbe la meglio sulla Scozia che aveva chiuso con il successo finale l’ultimo capitolo del 5 Nazioni, chanson de geste dello sport moderno, come lo chiamava un telecronista che manca a tutti quelli che amano questo gioco romantico, matto, feroce, affascinante.

E così il ricordo va più indietro, a due anni prima, e riporta a una fredda giornata di gennaio, a Monigo, alla festa spontanea che esplode quando gli “aspiranti” azzurri battono 25-21 gli scozzesi confermando che i progressi apriranno le porte del circolo frequentato dalle vecchie Union e della Francia.

Di quel giorno c’è un simbolo: capitan Troncon, profeta in patria, che portato in trionfo alza il caschetto, trasformandolo in elmo. Le asprezze, il fervore della battaglia sono alle spalle e i protagonisti, sfiniti, onorano se stessi e chi li ha guidati in un giorno non meno importante di quel che verrà.

Di quegli anni ruggenti (scanditi dalla vittoria di Grenoble, quella che saldò il conto con la Mala Pasqua del ’63), Alessandro, dal volto segnato di chi non si è mai tirato indietro, è uno dei simboli e la Scozia ricorre ancora nel suo cursus honorum. Numero 9, parentesi Clermont Auvergne, è a Murrayfield il 24 febbraio 2007, un’altra giornata che detta alla francese sona anche meglio, glorieux: prima vittoria esterna (per centrarne un’altra l’attesa sarà lunga quindici anni) dopo un caleidoscopico inizio e un frustrato tentativo di rimonta dei blu. L’ultima meta, quando gli 80’ sono già alle spalle e i volti sono spianati in un estatico sorriso, tocca proprio a lui. Un gruppo di aficonados veneti sfilerà sul prato, in mantello e tricorno.

Tronky ha doppiato giusto con una presenza il promontorio delle 100 presenze in maglia azzurra (e l’anno scorso anche quello dei 50 anni) e fa parte di un confraternita esclusiva, è stato 21 volte capitano (l’ultima volta proprio con la Scozia, in un match finito ai punti), ha segnato 16 mete, è stato un volto e un’anima. Brusco e buono.