Temuco, Cile. È il 2 giugno 2013 e l’Italia under 20 sfida i padroni di casa nella semifinale del Junior World Rugby Trophy, la seconda divisione del Mondiale under 20. Quella guidata da Gianluca Guidi è una squadra che non solo poi vincerà il torneo ritornando nel Mondiale “A” senza andarsene più, fino ai risultati raggiunti oggi, ma è anche il trampolino di lancio di ragazzi che poi scriveranno pagine importanti del rugby italiano: Campagnaro, Negri, Padovani, Ruzza, Mbandà. E poi tanti altri che avrebbero vestito tante volte la maglia della Nazionale maggiore: Esposito, Odiete, Violi, Boni, Traoré, Panico. Inoltre, Tiziano Pasquali rimase fuori dal torneo per un infortunio. È proprio Maxime Mbandà a ricordare, a 12 anni distanza, quel Cile-Italia vinto 50-6. Non è solo la partita in sé a rimanere nella memoria, per quanto importante perché contribuì a riportare l’Italia under 20 sul palcoscenico più prestigioso, ma soprattutto il clima di festa e di amore per il rugby che si respirava in quei giorni in Cile. Lo stesso, amplificato, che si respirava a Vina del Mar quando Los Condores poco più di un mese fa hanno battuto le Samoa davanti a 20mila persone, conquistando la seconda qualificazione consecutiva alla Rugby World Cup. E adesso che Italia e Cile si sfideranno per la prima volta in un test match internazionale ricordare quella partita è come unire tutti i puntini, come arrivare alla pagina del libro più bella, più attesa.
Atmosfera
“Ricordo tantissimo l’atmosfera di quel Mondiale” racconta Mbandà: “C’erano migliaia di spettatori per quella semifinale, lo stadio era grande e credo ci fossero almeno 6000 persone a vederci. Ma era tutto il contesto ad emozionarci: quando avevamo dei momenti liberi e uscivamo la gente ci salutava, era affascinata dal vedere ragazzi che arrivavano da tutto il mondo. Pur essendo un Trophy, quindi una seconda divisione, partecipavano squadre con una storia rugbistica importante: l’Italia, Tonga, il Canada, la Namibia, il Giappone, e le persone intorno a noi percepivano questa cosa. Temuco poi era una zona incredibile: non è tra le più gettonate dal turismo ma trovammo un’accoglienza spettacolare e un luogo splendido, che ricordo ancora a distanza di 12 anni. Ricordo che mia madre venne in Cile a sostenerci, così come altri genitori, penso al papà di Seb Negri, e tutti trovarono un clima incredibile”.
Verso Italia-Cile
In Cile si respirava già una passione incredibile per il rugby, la stessa che poi sarebbe definitivamente esplosa con i primi grandi risultati della Nazionale maggiore, capace di qualificarsi al Mondiale nel 2023 e di ripetersi anche quest’anno: “C’era un entusiasmo palpabile già a quei tempi, e chiaramente adesso è tutto amplificato, anche perché il Cile è davvero una bella squadra, combattiva e molto migliorata anche dal punto di vista tattico. Magari 12 anni fa non pensavamo che il Cile sarebbe arrivato così in alto, l’attenzione era rivolta di più al Giappone e all’Uruguay, ma alla fine è sempre il campo a parlare e tutto quello che hanno ottenuto è davvero meritato, sarà bellissimo vederli affrontare l’Italia a Genova. E soprattutto più squadre crescono e diventano competitive più sarà possibile diffondere il rugby nel mondo, una cosa importantissima perché per me questo sport rimane incredibilmente formativo, soprattutto in un’età come quella dell’adolescenza. Il rugby può aiutare a crescere persone con dei valori che si possono poi trasferire anche all’esterno del campo”.
Quella partita
L’Italia, che cominciava quel Trophy da favorita alla promozione, sapeva di dover mettere subito le cose in chiaro, perché lasciare il Cile attaccato nel punteggio con quella garra e con quel pubblico sarebbe stato pericolosissimo. E infatti la squadra di Guidi sblocca subito la partita proprio con Mbandà: “Come gli argentini e gli uruguaiani i cileni si portano dietro la combattività tipica dei sudamericani. Con coach Guidi avevamo preparato molto bene la partita: sapevamo di dover giocare con pazienza, senza strafare, e aspettare l’occasione giusta per sbloccare il punteggio e indirizzare il match. Avevamo una under 20 piena di qualità, con tanto talento, ma sapevamo anche di essere ben strutturati fisicamente e impostammo la partita su questo: farli stancare e imporsi nelle fasi statiche, aprire il campo con la nostra fisicità e per poi far valere le caratteristiche tecniche dei nostri talenti, e il piano di gioco riuscì alla perfezione perché sbloccammo presto la partita e da lì creammo il distacco che ci permise di fare la partita che volevamo”. Alla fine, l’Italia vinse 50-6: segnarono subito Mbandà e Guarducci, il Cile rimase attaccato nel punteggio con i piazzati di Fernandez, ai quali rispose Violi con una meta trasformata e un altro piazzato. Poi dopo il 22-6 del primo tempo gli Azzurrini dilagarono nella ripresa: segnarono Daniele, ancora Guarducci, poi Salvetti e Marazzi con trasformazioni di Violi e Padovani per il 50-6 finale che valse l’accesso alla finale del Trophy, poi vinta contro il Canada.
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