Un risultato negativo non cancella il percorso che le Azzurre stanno facendo: è questo che Giada Franco, terza linea dell’Italia femminile, ci tiene a dire alla vigilia dell’ultimo match contro il Galles, previsto sabato prossimo al Lanfranchi di Parma. Per Franco, 31 caps, “anche se i risultati possono far pensare a un bilancio negativo bisogna guardare tutto quello che c’è dietro e al percorso che stiamo facendo. Sono molto fiduciosa, i risultati arriveranno”.
Giada, quali sensazioni hai provato alla fine della partita: c’era più rabbia, delusione, sorpresa?
“Molta frustrazione, direi. Sorpresa no perché ci aspettavamo una Scozia così e sappiamo quanto sia migliorata negli ultimi anni, soprattutto in casa. Certo, sapevamo di poterla portare a casa ed eravamo consapevoli che fosse una sfida alla nostra portata. Abbiamo commesso troppi errori, a volte anche banali, ma di certo non le abbiamo sottovalutate”.
Raramente si è vista l’Italia fare così tanti errori. Solo una fase di “rodaggio” o anche una questione mentale?
“Penso siano entrambe le cose. Non abbiamo stravolto il nostro gioco, per cui non ci sono chissà quali elementi nuovi, ma sicuramente c’è stato un cambiamento. Ci siamo mettendo in gioco, stiamo provando delle cose nuove e dobbiamo quindi essere ancora più attente ai dettagli. Anche l’aspetto mentale ovviamente c’entra: siamo da sempre una squadra molto influenzabile, sia in positivo che in negativo, che tende a farsi condizionare dagli eventi. Se la squadra gioca bene, anche la singola giocatrice fa bene, se invece qualcuna è un po’ più sottotono tendiamo ad adattarci a questo e non riusciamo sempre a dare il meglio di noi”.
Se dovessi tracciare un bilancio di queste 4 partite, cosa ne verrebbe fuori?
“Chiaramente in termini di risultati il bilancio non è positivo: al di là di Inghilterra e Francia che sono sempre partite particolari, abbiamo portato a casa la vittoria con l’Irlanda ma senza prendere un bonus che era alla nostra portata e abbiamo perso con la Scozia. Ci sono però delle cose che vanno oltre il risultato e che dall’esterno non si vedono: la ricostruzione di una squadra, un nuovo ciclo, il ricambio generazionale. E poi non bisogna dimenticare che il Sei Nazioni post-Mondiale è sempre molto particolare. Sono molto fiduciosa per il futuro e so quanto possiamo fare bene, anche se per quanto riguarda i risultati non abbiamo ottenuto il massimo”.
La sconfitta non cambierà l’approccio al Galles?
“No, anzi, forse questo risultato potrà darci una spinta ulteriore a fare meglio. È una partita alla nostra portata, come lo sono state Scozia e Irlanda e come a tratti lo è stata anche la Francia, e lo abbiamo dimostrato in campo. Chiaramente dopo una sconfitta c’è tanta voglia di scendere subito in campo per riprovare a vincere e riscattarsi: vogliamo ottenere un risultato positivo per noi, per la squadra, per lo staff, per i tifosi e le nostre famiglie che ci seguono”.
A livello individuale che Sei Nazioni è stato il tuo, finora?
“Direi medio (ride, ndr). Nel senso che da un lato sono abbastanza contenta dello spazio che sto trovando e della forma in cui mi trovo. Giocare 80 minuti quasi tutte le partite mi sta facendo bene e fisicamente va sempre meglio, d’altra parte però non mi sento ancora al 100% e so che posso dare ancora di più alla squadra, so di poter essere più incisiva in alcuni aspetti del gioco. Come ho detto prima, ci influenziamo abbastanza: quando giochiamo bene tutte è più facile anche per la singola esprimersi bene, vorrei riuscire però a dare il 100% anche quando non giochiamo bene tutte”.
Come hai vissuto il cambiamento da flanker a numero 8? Quali sono le differenze?
“Sicuramente il numero 8 ha più responsabilità, in particolare sulle fasi statiche è molto più coinvolto nelle scelte, come quando bisogna giocare il pallone fuori dalla mischia. Personalmente non mi crea particolari problemi perché anche a Colorno gioco spesso numero 8, anche se ovviamente qui si parla di un livello internazionale, e mi alleno molto anche in questo ruolo. Le differenze principali sono in alcuni movimenti: da numero 8 magari devo dare più copertura dietro, mentre in attacco devo gestire qualche pallone in più rispetto a quando gioco flanker, però non ci sono grandissime differenze nel gioco aperto: nel rugby di oggi sono abilità che vengono richieste a tutte le terze linee, a prescindere dal ruolo”.
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