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WALTER RISTA INCONTRA GLI STUDENTI DEL LICEO CHECCHI DI FUCECCHIO

Impegno Sociale |

ristaCi sono incontri che ti cambiano la vita e che ti spingono a tirare fuori la parte più bella e più vera di te. Incontri inaspettati, rocamboleschi, emotivamente forti e (col senno di poi) decisivi.

Un incontro come questo è capitato su una strada sperduta della Patagonia argentina a Walter Rista, ex giocatore della nazionale italiana di rugby e nostro ospite a Fucecchio per una lezione speciale con circa 60 studenti del Checchi: “Ero in viaggio in pullman per una partita fra vecchie glorie del rugby di Italia e Argentina – ci ha raccontato – quando un incidente stradale fece scontrare il nostro autobus con un altro pullman. Noi scendemmo subito di scatto, impauriti ma illesi. Sull’altro autobus che fumava invece erano rimasti tutti a bordo: ci avvicinammo allarmati per paura che i passeggeri fossero intrappolati o feriti, invece vedemmo che erano addirittura incatenati! Capimmo che si trattava di un autobus che trasportava dei detenuti. E l’immagine di questi uomini incatenati e bloccati dentro il pullman incidentato fu così forte che cominciai a interrogarmi sul mondo del carcere: un mondo che all’epoca non conoscevo per niente ma che decisi, dopo quell’episodio, di avvicinare per cercare di fare qualcosa di utile. E una volta contattato il direttore del carcere di Torino, la mia città, pensai: cos’altro posso provare a insegnare ai detenuti se non lo sport più bello e la passione più grande della mia vita, cioè il rugby?”. 

 

Il direttore del carcere acconsentí, e la scommessa di Walter ebbe inizio. Una scommessa che ora sta per compiere 12 anni, che ha visto nascere dentro il penitenziario torinese la prima squadra in Europa composta interamente da detenuti; una squadra iscritta regolarmente al campionato di rugby regionale (con tutte le partite giocate rigorosamente “in casa”, cioè sul campo di rugby interno al carcere) e che negli anni ha raggiunto anche discreti risultati sportivi, portando per esempio un ex detenuto moldavo dal campo di rugby del carcere ai campi della serie A italiana. “Ma il risultato più bello – ha spiegato Walter agli studenti – è stato a livello umano: il tasso di recidiva dei detenuti che hanno partecipato al progetto del rugby è meno della metà rispetto a quello del resto dei detenuti. Questo vuol dire che quasi mai dopo essersi innamorati di questo gioco i ragazzi sono tornati a delinquere”.

Il perché ce lo ha spiegato il capitano della squadra, un ragazzone romeno di nome Dalin, che ha accompagnato Walter a Fucecchio grazie a un permesso premio accordatogli dal giudice di sorveglianza: “Il rugby, come dice il nostro mister, è uno sport da delinquenti ma giocato da gentiluomini. Vuol dire che è sì un gioco molto duro, ma dove la lealtà non manca mai. Le strette di mano, l’assenza di proteste, il terzo tempo e la merenda insieme agli avversari dopo la partita sono tutte cose che al di là dell’aspetto tecnico ti insegnano a vivere. È bello vedere il pregiudizio iniziale nei nostri confronti da parte degli avversari venuti a giocare in carcere da fuori che piano piano si allenta, e alla fine diventa amicizia e complicità. E poi grazie a Walter, che di questo sport è un santone, il rugby per noi è diventato una grande famiglia: alcuni di noi hanno preso in carcere il patentino da arbitro, e quando saranno liberi dirigeranno gli incontri; altri appena usciti sono andati a fare il corso per diventare istruttori di rugby per i bambini. Ci pensate che soddisfazione?”.

I ragazzi che gremiscono la sala dell’auditorium “La Calamita” ormai hanno occhi e orecchie solo per Dalin, che, superata la comprensibile timidezza iniziale, alla fine riceve un sacco di strette di mano disinvolte e di auguri sinceri. “Quando tornerai libero?”, gli chiedono. E anche: “Che progetti hai per il futuro?”. “Ho scontato 12 anni e me ne manca poco più di uno. Nel frattempo a giugno dovrei riuscire a prendere la maturità come voi. Con il diploma sociosanitario mi piacerebbe lavorare con i ragazzi disabili e, nel tempo libero restare nel mondo del rugby”. Lo “zio” Walter ascolta compiaciuto, mentre sullo schermo dell’auditorium fa da sfondo la foto dell’inventore del rugby in carcere in compagnia del presidente della Repubblica Sergio Mattarella “Al momento della premiazione in Quirinale il presidente mi strinse la mano e mi disse: Rista, questo progetto deve essere portato in altre carceri, in altre città, non ti fermare.  E io infatti non mi fermo: tutti i giorni torno in carcere e faccio il pieno di voglia di vivere. E se ce l’ho fatta io credeteci anche voi ragazzi: impegnatevi per gli altri, per portare un po’ di normalità nei luoghi dove c’è solitudine e disperazione, diventate anche voi volontari in carcere, perché no? E veder rinascere ragazzi come Dalin vi renderà delle persone felici”.