Il Rugby con i suoi valori di sportività, sostegno e rispetto promuove l’integrazione sociale.
Il Progetto Migranti ha lo scopo di promuovere, attraverso il Rugby, l’integrazione di coloro che sono stati costretti a fuggire dal proprio paese, dopo aver perso i propri familiari ed essere stati vittima di abusi e persecuzioni. La FIR attraverso deroghe alle regole Federali, che normalmente limitano la presenza di giocatori stranieri nelle squadre, assegna a tutti i richiedenti asilo la formazione Italiana permettendo, quindi, l’esistenza ufficiale di squadre composte soltanto da richiedenti asilo o squadre miste, ovvero formate da richiedenti asilo e atleti italiani. I richiedenti asilo parlano lingue differenti, hanno perso tutto e sono spesso completamente soli. Grazie al Rugby essi entrano a far parte della stessa squadra, diventano un gruppo e imparano a comunicare tra di loro. Il Rugby offre loro speranza e li aiuta a sentirsi parte della comunità. Infatti, il progetto ha anche l’obiettivo di abbattere i pregiudizi contro i richiedenti asilo. La conoscenza dell’altro abbatte la paura. La popolazione locale, allarmata dall’arrivo dei migranti impara a conoscerli attraverso il Rugby.
Grazie alle deroghe concesse dalla FIR, le squadre che partecipano al progetto possono giocare il Campionato di serie C2, avendo così l’opportunità di allenarsi per un obiettivo concreto. Il campionato offre alle altre squadre partecipanti l’opportunità di venire a contatto con i migranti, con le loro storie e la loro cultura. Se non conosci il Rugby, pensi che se hai la palla tra le mani puoi fare punto da solo, ma nel momento in cui capisci che puoi andare a meta soltanto con il sostegno degli altri, allora l’integrazione arriva automaticamente.
Tra le squadre che partecipano al progetto vi è la squadra delle Tre Rose Nere, primo e unico esempio di squadra composta quasi interamente da richiedenti asilo.
Tre atleti della squadra stanno svolgendo il servizio civile presso la Croce Rossa e non si sono tirati indietro durante lo scoppio dell’emergenza Covid-19 offrendo il loro sostegno durante tutta la fase più difficile della pandemia. Tra loro Mohamed, ala destra delle Tre Rose, che è in Italia dal 2018 dopo essere fuggito dal Gambia. Mohamed ha scoperto il rugby a Casale Monferrato e gioca nelle Tre Rose da quando è arrivato, ringraziando l’Italia per averlo salvato dal mare dandogli un’altra possibilità di vivere. Sentendosi accolto dalla comunità ha deciso di restituire quanto ricevuto attraverso il servizio in Croce Rossa, trasportando i guariti da Covid-19 dall’ospedale a casa durante l’emergenza, superando le sue paure iniziali spinto dalla voglia di dare un contributo alla comunità in cui ora vive e di cui si sente parte.
L’atleta africano Gafarou, invece, aveva terminato il suo servizio civile in AVIS prima dello scoppio dell’emergenza, ottenendo anche la certificazione di soccorritore 118, ma ha deciso di continuare il suo servizio perché aiutare gli altri senza avere nulla in cambio è molto importante per lui. Gafarou, che è in Italia dal 2016, non aveva mai giocato a rugby prima di entrare nelle Tre Rose che ormai considera come una famiglia. Ora gioca in terza linea e sogna di vestire la maglia della Nazionale Italiana, colpito da quello che lui definisce lo spirito del rugby.
Di seguito le lettere che Mohamed e Gafarou hanno scritto durante l’emergenza Covid-19.
I due atleti raccontano la loro esperienza di giocatori di rugby e di volontari.
<< Sono Mohamed Jobe, vengo dal Gambia e ho 21 anni. Sono arrivato in Italia il 25 novembre 2018 in Sicilia e poi mi hanno trasferito qui a Casale Monferrato. Sono venuto in Italia perché non ero al sicuro nel mio paese di origine: molti hanno abusato dei miei familiari e hanno persino minacciato di uccidermi. Sono quindi scappato per salvarmi la vita e sono venuto in Italia per chiedere asilo. Vivo a Casale Monferrato, un bel posto dove la gente è molto gentile. Da quando sono arrivato qui non ho problemi e non mi manca nulla, tutti ci accolgono a braccia aperte soprattutto la nostra cooperativa Senape. Ho scoperto le Tre rose quando sono arrivato a Casale tramite il nostro capo operativo di Senape che mi ha parlato del rugby e mi ha chiesto se volessi giocarci e io gli ho detto di sì. Così mi ha presentato il presidente delle Tre Rose Paolo Pensa che mi ha invitato ad andare a giocare al campo. Mi piace giocare a rugby, in Gambia non ci avevo mai giocato. Ho giocato due campionati con le Tre Rose nella posizione di ala destra, dove sono andato molto bene e ho scoperto di essere molto veloce. Quello che amo di più del rugby è il gioco di squadra, inoltre mi piace placcare gli avversari quando stanno correndo con la palla in mano. Il rugby mi ha permesso di conoscere nuovi amici, i miei compagni di squadra.
Sto svolgendo il servizio civile presso la Croce Rossa da 4 mesi, voglio aiutare le persone che hanno bisogno di aiuto, specialmente le persone anziane, perché penso che sia un piccolo gesto che posso fare per gli italiani. Il mio lavoro in Croce Rossa consiste nel portare i malati in ospedale e quando guariscono li portiamo a casa o in casa di riposo. Durante l’emergenza trasferisco i pazienti che sono guariti dal Covid-19 dall’ospedale a casa, sempre in sicurezza con molte protezioni, guanti e mascherine. A volte mi sento molto triste quando vado in ospedale e vedo le persone che soffrono e all’inizio dell’emergenza avevo molta paura, ma cercavo sempre di offrire il mio aiuto.
Continuerò ad aiutare gli italiani perché l’Italia ha fatto tante cose per me che il mio paese d’origine non può fare per me. L’Italia mi ha salvato dal Mar Mediterraneo quando non avevo speranza di vivere e pensavo di morire in acqua. L’Italia mi ha salvato, dandomi un’altra possibilità di vivere. La comunità mi ha dato il benvenuto, una casa in cui vivere, mi fanno andare a scuola per imparare la lingua italiana. Per questo amo così tanto l’Italia. L’Italia è la mia seconda casa e sono pronto a morire per questo Paese. Anche i miei colleghi della Croce Rossa mi hanno accolto nel migliore dei modi. Quando questa emergenza sarà finita, la prima cosa che farò sarà iniziare l’allenamento, mi manca molto giocare a rugby, voglio tenermi in forma per il campionato del prossimo anno>>.
Mohamed Jobe, atleta de Le Tre Rose Rugby – 14 aprile 2020
<<Sono Agandja Abdoul Gafarou, vivo a Valenza nella provincia di Alessandria e ho 29 anni. Sono arrivato in Italia il 14 settembre 2016. Questa data non me la dimenticherò mai perché è il giorno in cui ho messo fine alla mia sofferenza: il viaggio per arrivare in Italia è stato durissimo, ho superato tante difficoltà e sofferenze in Libia. Ringrazio sinceramente l’Italia per avermi salvato la vita!
Non finirò mai di ringraziare l’Italia perché ho sofferto tanto e non sapevo quando avrei potuto trovare la libertà. A volte quando è notte sogno le sofferenze, le torture, i giorni di prigione che sembravano non finire mai. Per fortuna mi sveglio ed era solo un sogno ma continuo a soffrire al solo pensiero. Il 14 settembre ho messo fine a tutta questa sofferenza. Ringrazio ancora l’Italia.
Oggi mi sento parte della comunità in cui vivo, tutti mi hanno accolto bene.
Sono venuto a contatto con il rugby perché a Valenza organizzavamo delle piccole partite di calcio fra amici e un giorno mentre stavamo giocando è arrivata una macchina e tanti miei amici sono saliti a bordo e se ne sono andati. Ho quindi chiesto ai miei amici rimasti con me perché gli altri fossero andati via e mi hanno risposto che stavano andando agli allenamenti di rugby in un campo
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