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Maria Cristina, la Pioniera

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Ne hanno fatto di cammino e a qualcuna deve esser dato il giusto merito per la convinzione, per la cocciutaggine, forse, per la forza mentale impressa in questo itinerario scandito dal desiderio di uguaglianza.
Le donne saltano con l’asta, lanciano il martello, corrono maratone con prestazioni invidiate dagli uomini. Le donne giocano a rugby e gli stadi si riempiono. Una nuova, dura, disinvolta “vie en rose”.
“E’ la dimostrazione che forza e determinazione non fanno rima solo con maschio”, entra in scena Cristina Tonna, romana di Ostia, trapiantata a Frascati: con un tuffo nell’Inghilterra vittoriane e edoardiana Cristina può esser paragonata a Emeline Pankhurst, la guida delle suffragette. Chissà se un giorno anche lei, coordinatrice dell’ovale di Eva, avrà diritto a una statua.
“Lo strumento è la tenacia. Faccio un salto all’indietro di trent’anni abbondanti, quando ho cominciato. Ci guardavano con un risolino, dicevano: siete brutte. Abbiamo lottato e ora certi pregiudizi sono caduti, certe percezioni sono cambiate. Mi è capitato di incontrare vecchi critici: lo sai che mi sono divertito? Mi dicono. E divertito non è il termine giusto: hanno pesato l’impegno, hanno analizzato la determinazione. Hanno capito. Ho incontrato il mio primo allenatore, Lucio Tartaglini. M ha detto: te ricordi, Cristi’, ‘un ce credeva nessuno”.
“Nel mio cammino molte donne, molte ragazze, molte bambine – Cristina si accalora sempre quando parla della sua creatura  – e una mi è rimasta dentro: cinque anni, di Savona, Francesca. Tonna, Tonna, mi chiamava. Ma io mi chiamo Cristina, le ho detto. Tonna mi piace di più, mi ha risposto. E così, mi sono detta, qualcosa di buono deve averlo combinato in questi anni di lavoro e di passione e così ho creato un’etichetta, un giochetto di parole, ma giuro, non per incensarmi: la Tonna del rugby”.
Il rugby non fa per le donne è il refrain suonato dopo quell’antico Italia-Francia 0-0 a Riccione, con un’adolescente Cristina in campo. Oggi tutto è cambiato: “Un gioco che non ha la fisicità di quello degli uomini, ma che sa svilupparsi in rapidità, in conquista e sfruttamento degli spazi. Ho vissuto questa crescita da giocatrice, da tecnico, da responsabile di un’attività che oggi in Italia può contare su un numero crescente di giocatrici, molte giovani e giovanissime”. Una nuova avventura sta per cominciare.