Ci sono luoghi che non sono semplici spazi: sono identità. Per il Livorno Rugby 1931, questo luogo ha un nome preciso: è la Club House. È qui che il rugby smette di essere solo sport e diventa comunità, racconto, famiglia.
La società ha scelto di riportare la Club House al centro della propria vita quotidiana, restituendole il ruolo che da sempre appartiene alla tradizione della palla ovale: quello di focolare, di terreno fertile per relazioni autentiche. Una scelta culturale prima che organizzativa, perché – come ricorda la vicepresidente Francesca Lusini – «la Club House non è un locale da affidare a terzi, ma il fulcro dell’aggregazione». È qui che il club racconta se stesso senza bisogno di parole, attraverso i gesti, i riti, la condivisione.
Lo dimostra un episodio che nelle ultime settimane ha fatto vibrare le mura della Club House: un gruppo di ragazzi sudafricani, arrivati a Livorno per lavoro, ha chiesto di poter vedere Italia–Sudafrica proprio lì. Non conoscevano il club, non conoscevano la città. Eppure, in pochi minuti, si sono sentiti parte di qualcosa. «Ci hanno detto che qui avevano ritrovato lo stesso spirito delle loro club house» ha spiegato Lusini. Sono poi tornati per ogni partita dei test match, e alla fine sono rimasti: amici nuovi, ma perfettamente in sintonia con il clima del Livorno Rugby. Un segnale potente di quanto certe atmosfere parlino una lingua universale.
Questo spirito lo vivono ogni giorno soprattutto i giocatori. Per il capitano della prima squadra, Giacomo Gragnani, la Club House è il luogo in cui la squadra “si costruisce davvero”.
«Prima delle partite mangiamo sempre allo stesso tavolo: è un rito che ci unisce. Allena l’identità, non il fisico», spiega. È anche lo spazio dove generazioni e ruoli si mescolano naturalmente: prima squadra, cadetti, Under, famiglie. «È uno dei pochi posti in cui senti che il rugby è davvero una comunità».
E quando persino chi viene da lontano lo riconosce immediatamente, tutto diventa più chiaro. Lo spirito che vive nella Club House del Livorno, quello autentico, non appartiene a un territorio: appartiene alla cultura del rugby. Lusini lo definisce così: «Qui costruiamo un modo di stare insieme, ed è il valore più alto che possiamo trasmettere». In un mondo che corre, la Club House rimane un porto sicuro. Un luogo in cui fermarsi, riconoscersi, ritrovarsi. Un luogo in cui il rugby non si gioca soltanto: si vive.
Completa la registrazione