Manca una partita al termine del WXV, con l’Italia in lotta per vincere la divisione 2: sarà la sfida con gli USA, insieme al risultato della Scozia contro il Giappone il giorno prima, a determinare la classifica finale e il piazzamento delle Azzurre. Un torneo finora impegnativo ma soddisfacente per l’Italia, che ha dato risalto a tante nuove giocatrici, capaci di guadagnarsi una maglia da titolare. Tra queste, Alissa Ranuccini, che dal Sudafrica racconta quest’ultima settimana di lavoro e la soddisfazione di essersi conquistata un posto da titolare in azzurro.
Alissa, spesso si abusa del termine “squadra molto fisica”, nel caso del Sudafrica però la locuzione ha pienamente senso…
“Sì, molto (ride, ndr), erano avversarie molto dure, magari non particolarmente tecniche ma a contatto si facevano sentire molto. Ne è venuto fuori, di conseguenza, un match molto fisico, anche perché siamo andate a ricercare il contatto quando sarebbe bastato muovere di più il pallone per poter imporre il nostro gioco e non il loro. Poi è stata comunque una partita particolare, negli ultimi minuti il Sudafrica è rimasto in 13, c’erano le mischie no contest, e alla fine c’è stata confusione da entrambe le parti”.
Sei alla terza partita consecutiva da titolare e sei ormai un elemento chiave di questa Italia al WXV: come ti fa sentire?
“È una bellissima soddisfazione e una grandissima occasione soprattutto. Ho avuto il mio spazio in questo momento perché altre ragazze non stavano bene, per me è un onore ricoprire il loro ruolo e spero di aver sfruttato al meglio l’occasione”.
Da dove sei partita per arrivare fin qui?
“Ho iniziato a giocare a Formigine, ma inizialmente eravamo in 3 e non avevamo la squadra (ride, ndr), poi dopo aver fatto un po’ di seven mi sono spostata a Ferrara. Lì mi sono rotta il ginocchio, ma dopo il recupero mi sono trasferita a Colorno, ormai sono alla settima stagione lì”.
Sono stati anni di sacrificio?
“Tantissimo, soprattutto da parte dei miei genitori. Quando dovevo finire la scuola i miei genitori mi portavano avanti e indietro 4 volte a settimana più la partita avanti e indietro, e aspettavano che finissi di allenarmi. Magari finivo alle 8.30/9 di sera e mi aspettavano, e lo facevano per me”.
Praticavi ginnastica artistica. C’è qualcosa che hai trovato in comune tra i due sport?
“Ho fatto 9 anni di ginnastica artistica, poi ho lasciato perché avevo dei limiti fisici, essendo alta 1.80 e di conseguenza ero impossibilitata a raggiungere alti livelli. Un giorno sono venuti a presentarci il rugby scuola, mio fratello già lo praticava e mi sono detta “perché non provarci?”. Ho iniziato a giocare e da lì non ho più smesso. Sicuramente in comune c’è il sacrificio, la dedizione al lavoro, si lavora anche 4-5 ore in palestra per raggiungere l’obiettivo. Nella ginnastica magari si prepara una gara per mesi, mentre nel rugby ogni settimana si rimette tutto in discussione e puoi dimostrare quello che hai appreso e quello che stai imparando. E poi il rugby è un gioco di squadra, c’è il sostegno costante delle tue compagne, mentre nella ginnastica pesa tutto su di te. Per fare un esempio legato all’ultima partita, con una squadra così fisica come il Sudafrica se sei in difficoltà potevi raddoppiare il placcaggio con un’altra giocatrice”.
La partita con gli USA sarà decisiva per poter vincere il Torneo, anche se non c’è promozione. Come state approcciando la settimana?
“Abbiamo un giorno di riposo in più, anche perché la stanchezza inizia a farsi sentire dopo una partita così fisica. Stiamo lavorando in palestra e analizzando sia il match col Sudafrica che le caratteristiche del prossimo avversario, gli USA. C’è grande entusiasmo in squadra: c’è la volontà di giocare il nostro rugby. Col cambio di allenatore, con l’assenza di tante giocatrici e l’inserimento di nuove ragazze dobbiamo ancora migliorare nel creare una coesione in campo per poter fare il nostro gioco”.
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