L’Italia femminile ha trovato la prima vittoria del suo Sei Nazioni, battendo l’Irlanda 27-21 a Dublino e conquistando il primo successo della sua storia in terra irlandese: 5 punti meritati e 3° posto in classifica dopo la seconda giornata. Una partita vinta bene, seppur con qualche sofferenza, e che soprattutto ha contribuito ad aumentare la visibilità del rugby italiano, come spiega Emma Stevanin, apertura e centro dell’Italia e del Valsugana: “Tornando all’Università i giorni successivi mi sono resa conto di quanta gente avesse visto la partita, anche chi solitamente non seguiva il rugby”.
Una bella vittoria, nonostante un po’ di sofferenza all’inizio e alla fine. Quali sono i margini di miglioramento?
“Sappiamo che seguendo il nostro processo di gioco riusciamo a ottenere dei risultati. Allo stesso modo, siamo consapevoli del fatto che ci siano tante cose da migliorare. I margini sono ampi, più lavoriamo insieme più le cose migliorano sia a livello individuale che di gruppo. Dobbiamo cercare di avere più possesso, attaccare di più e gestire meglio i palloni che abbiamo, in modo da poter respirare un po’ e non dover difendere troppo”.
Anche perché con la Francia il poco possesso potrebbe creare problemi?
“Sì, oltre al possesso c’è stato anche un problema di territorio, perché avere palla solo nella tua metà campo ti costringe a cercare soluzioni diverse dal gioco alla mano”.
In questo Sei Nazioni hai giocato sempre primo centro, pur essendo un’apertura di ruolo. Quale posizione preferisci?
“Mi sono trovata bene in questo modo, poi quest’anno anche in campionato ho giocato più spesso come 12 quindi non è stato un salto nel vuoto. Poi avere vicino Meddy (Madia, ndr) e Bea (Rigoni, ndr) mi aiuta molto. Se mi trovo bene con chi mi circonda giocare 10 o 12 non fa differenza, anzi, giocare primo centro magari mi toglie un po’ di responsabilità in fase di impostazione”.
Però sei molto più sollecitata in difesa…
“Sì, ma a me non dispiace difendere per cui va bene così” (ride, ndr)
Finora la Francia non ha brillato, quali sono i punti dove potete provare a complicarle la partita?
“Dobbiamo mettere loro tanta pressione. Quando si riesce a ‘rompere’ il loro gioco possono andare in difficoltà, ma sarà importante essere costanti soprattutto a livello mentale. Non sono un’avversaria irraggiungibile, lo abbiamo dimostrato più volte anche nel passato recente. Come detto prima, sarà importante non dare loro troppi pallone ed evitare di concedere giocate facili”.
Quanto è importante l’unità del vostro gruppo? Quanto incide lo spogliatoio sui risultati che ottenete?
“Moltissimo, anche l’esperienza del WXV ci ha dato modo di passare molto più tempo insieme rispetto a prima, permettendoci di crescere dal punto di vista del gruppo e di affinare i rapporti tra di noi”.
La vittoria con l’Irlanda ha suscitato molto clamore, essendo la prima della storia azzurra in trasferta. D’altro canto, però, era una partita sulla carta alla vostra portata. Vi ha sorpreso questa reazione mediatica?
“Effettivamente abbiamo avuto una visibilità che di solito non abbiamo, anche quando vinciamo. Forse ha aiutato anche l’aver giocato a Pasqua, poiché molte più persone erano a casa e quindi hanno avuto la possibilità di vedere la partita. Anche tornando all’Università i giorni successivi mi sono resa conto di quanta gente avesse visto la partita, anche chi solitamente non seguiva il rugby”.
Che è un po’ quello che è accaduto anche con il Sei Nazioni maschile. È un bel momento per il rugby italiano?
“Sì, il fatto che poi il Sei Nazioni femminile arrivi subito dopo quello maschile permette di dare una certa continuità e allungare l’arco temporale, per cui le vittorie alla fine danno visibilità a tutti, e spero che questa serie di vittorie italiane contribuisca ancora di più a diffondere il nostro sport in Italia e a renderlo più seguito rispetto al passato”.
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