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Martin Castrogiovanni

Nato a: Paranà (Arg)
il: 21 ottobre 1981
Ruolo: Pilone destro
Altezza: 1.87
Peso: 117 kg
Clubs: Estudiantes Paranà (Arg), Amatori Calvisano, Leicester (Ing), Toulon (Fra), Racing (Fra)
Caps: 119
Caps come capitano: 3
Esordio in Nazionale: Nuova Zelanda-Italia 64-10 (Hamilton, 8.6.2002)
Ultima in Nazionale: Galles-Italia 67-14 (Cardiff, 19.3.2016)
Punti segnati: 60 (12m)
Caps Sei Nazioni: 60
Caps RWC: 14
Altre selezioni: Italia XV, Barbarians
Azzurro n°: 545

C’è stato un tempo in cui Martin Castrogiovanni non era l’orso irsuto che l’ha reso personaggio anche fuori dal campo. A dirla tutta, c’era un tempo in cui Martin Castrogiovanni non era neppure in campo. Da rugby. Giocava a basket nella “sua” Paranà, provincia di Entre Rios, 500 km (suppergiù) a nord-ovest di Buenos Aires. Giocava a basket, e all’inizio gli piaceva. D’altronde era alto e grosso. Poi però, con il passare del tempo, scoprea di essere più grosso che alto e così butta un occhio al rugby, sobillato dai compagni di scuola. Mamma Estella però non ne vuole sentir parlare: troppo pericoloso. Così “Castro” decide di metterla davanti al fatto compiuto: dà una spinta a un arbitro e viene radiato. Il giorno dopo è al campo dell’Estudiantes con l’ovale in mano. Ha 17 anni. Due anni dopo è su un aereo per l’Italia, direzione Calvisano. Tre anni dopo debutta in azzurro contro gli All Blacks, grazie al bisnonno paterno originario di Enna (Castrum Ioannes al tempo dei Normanni). Per 15 stagioni, “Castro” sarà l’ancora della mischia della Nazionale. Imponendosi come uno dei grandi personaggi del rugby azzurro. A colpi di mischie, di mete (12, tante per un pilone destro), di acconciature (c’è l’epoca delle treccine rasta, quella dei capelli scolpiti, quella del cranio rasato, prima di diventare la risposta italiana a Sebastien Chabal), di battute, di trovate. Vive gli anni d’oro ai Leicester Tigers, dove diventa un idolo assoluto, apre ristoranti, vince quattro volte la Premiership. Poi si trasferisce nel Tolone dei Galacticos e mette a referto due Champions. Intanto in Italia è un idolo e un personaggio, uno dei pochi rugbisti ad imposti anche al di fuori della nicchia degli adepti. Grazie al look, alle prestazioni sul terreno di gioco (tre mete in una volta sola al Giappone a Tokyo, una da cineteca alla Francia all’Olimpico), ma anche grazie a una serie di riusciti e popolarissimi spot di Edison in cui tenta di praticare volley, pallavolo e ginnastica ritmica con esiti esilaranti. Ma se a tutt’oggi per presenze azzurre – in assoluto, al Sei Nazioni e alla Coppa del Mondo – è secondo solo a un highlander come Parisse, il merito è di quello che ha dato sul campo. Con i capelli o senza.