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Flaminio, dodici anni dopo: Mirco Bergamasco ricorda la prima vittoria sulla Francia nel Sei Nazioni

Italia |

Mauro Bergamasco

 

Roma – Se si pensa al Flaminio e a quell’Italia-Francia 22-21 del 2011, primo successo degli azzurri contro i transalpini al Sei Nazioni, il primo ricordo è rappresentato dai calci di Mirco Bergamasco, decisivi per conquistare una vittoria storica davanti a un Flaminio strapieno. Quest’anno, al Sei Nazioni 2023, gli azzurri inizieranno la loro avventura contro i transalpini, e proprio Mirco Bergamasco – che adesso è direttore sportivo dello Stade Nantais, primo nel Federale 1 francese – ha raccontato i ricordi di quel magico pomeriggio di Roma e ha tracciato un parallelo tra quel gruppo e quello guidato da Kieran Crowley.

Cosa ti aspetti da questo gruppo azzurro, dopo un 2022 importante?

“Già il fatto che molti ragazzi stiano tornando a giocare all’estero è importante. Giocando fuori ci si apre a nuove culture e nuove metodologie, che poi quando si torna in Italia per i raduni si trasmettono anche ai compagni. Inoltre, ogni giocatore che va all’estero lascia libero un posto per un altro giovane italiano a Treviso e alle Zebre, e questo consente di aumentare la profondità. In questo modo puoi passare da un gruppo di 40 giocatori a uno di 60 tra cui scegliere. E poi vedo una particolare attenzione a proporre un certo tipo di gioco e allo sviluppo del gruppo: si sta creando un gruppo di amici a cui piace giocare insieme e che stanno bene tra loro”.

Il Sei Nazioni 2023 dell’Italia comincia proprio contro la Francia. Che ricordi hai di quel pomeriggio al Flaminio?

“Quel giorno c’erano tutti gli ingredienti per vincere la partita. I giornali francesi titolavano ‘Vacanze Romane’, tanti di noi giocavano in Francia e al Flaminio c’erano 35000 persone a spingerci. Avevamo la consapevolezza di avere dei mezzi importanti e di potercela giocare. La forza di quella squadra era il gruppo: tutti si sono messi a disposizione del collettivo, e in campo si è visto”.

Per te è stata una partita importante, vinta anche grazie ai tuoi calci, soprattutto dopo la trasformazione della meta di Masi non ne hai più sbagliato uno…

“Fino a quel momento avevo sbagliato alcuni calci. Quello della meta di Masi è stato il primo calcio difficile che misi dentro in quella partita, e vederlo entrare mi ha dato molta sicurezza. Per questo poi quando ci sono state altre possibilità di andare per i pali, anche da posizioni altrettanto difficili, non ci ho pensato due volte: sapevo che se l’avevo fatto una volta potevo farlo ancora”.

Quanto conta l’aspetto mentale per un piazzatore?

“Tantissimo, abbiamo visto contro l’Australia come i calci possano essere determinanti per una partita. Noi ne abbiamo sbagliati alcuni, ma anche loro alla fine hanno perso sbagliando la trasformazione finale. Del resto, se avessi sbagliato uno degli ultimi calci contro la Francia non saremmo qui a parlare di quell’impresa. Il piazzatore deve finalizzare il lavoro di tutta la squadra. Lo pensavo ogni volta che mettevo il pallone sulla piazzola: i miei compagni hanno conquistato la possibilità di fare dei punti, ora devo finire il lavoro”.

E come arriva questa Italia al match con la Francia?

“Fino a pochi mesi fa si diceva che l’Italia non meritava di stare nel Sei Nazioni, che non eravamo all’altezza, che bisognava inserire altre squadre. L’ultima partita contro il Galles ha dato un primo segnale e portato a cambiare gradualmente atteggiamento, anche se poteva essere ancora considerata un evento sporadico. Aver battuto però l’Australia, e prima ancora le Samoa in quel modo, ha però veramente fatto capire il valore di questi ragazzi. Ricordiamo sempre che una settimana prima di Firenze la Francia aveva battuto l’Australia solo di misura. Adesso bisogna dare continuità alle prestazioni e far dire a tutti quelli che pensavano che l’Italia meritasse di stare fuori dal Sei Nazioni ‘Caspita, ci siamo sbagliati’. Per contro, quest’anno ci sarà ancora più attenzione su di noi: nessuno prenderà la partita con l’Italia sottogamba o farà troppo turnover, perché sanno che potrebbe mettersi male. Ricordo le parole che ci disse Pierre Berbizier quando arrivò sulla panchina dell’Italia: ‘Andiamo in campo a guadagnarci il rispetto delle grandi’, è quello che questi ragazzi stanno facendo adesso, come lo avevamo fatto noi”.

Hai parlato di consapevolezza, un aspetto che sembra preponderante anche in questa nuova Italia: quali analogie vedi tra il gruppo di quegli anni e quello che nel 2022 ha battuto Galles e Australia?

“Sì, vedo questa consapevolezza. Ricordo che nel 2012 siamo andati vicinissimi a battere proprio l’Australia. Il fatto che questi ragazzi ce l’abbiano fatta al primo colpo fa capire che forse hanno ancora più potenzialità. Hanno trovato la chiave giusta per crescere e devono continuare con questo spirito. È una squadra giovane, forte e piena di talento”.