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IL RUGBY ITALIANO PIANGE TITO LUPINI, AZZURRO N. 399

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fotosportit 1783 prRoma – Ha raggiunto Massimo Cuttitta nel paradiso dei piloni. Tito Lupini, Azzurro n. 399,  se n’è andato a sessantacinque anni, in Sudafrica, per complicazioni successive all’infezione da Covid-19.

Nato a Johannesburg, dove aveva rappresentato il Transvaal, si era trasferito negli Anni ’80 a Rovigo dove con i Bersaglieri aveva conquistato, recitando da protagonista sul lato destro prima linea rossoblù, i titoli di Campione d’Italia nel 1987-88 e nel 1989-90, quest’ultimo nella doppia veste di giocatore e allenatore.

Indimenticabile il suo 1987, con l’esordio del 12 aprile in maglia azzurra, a Costanza contro la Romania, in Coppa Europa, dove Lupini aveva meritato la convocazione del CT azzurro Marco Bollesan per la prima Rugby World Cup che, di lì a un mese, avrebbe portato l’Italrugby a vivere un’indimenticabile avventura iridata in Nuova Zelanda.

Sempre titolare contro gli All Blacks, nella partita inaugurale della Webb Ellis Cup, e poi contro Argentina e Fiji, Tito avrebbe inanellato dieci caps consecutivi sino al 1988 prima di chiudere la carriera internazionale dove l’aveva cominciata, contro la Romania, il 15 aprile del 1989, sempre in Coppa Europa.

Uomo di mischia nel profondo, dopo il ritiro dal rugby giocato nel 1992 era rimasto legatissimo al Rovigo con cui aveva raggiunto, da capo allenatore, la Finale-scudetto nel 1992, persa con la Benetton Rugby per poi tornare in rossoblù come tecnico degli avanti dal 2007 al 2010:  nel mezzo, tre anni come allenatore della mischia della Namibia.

Marzio Innocenti, Presidente della FIR, di Lupini era stato avversario nei derby tra Petrarca e Rovigo ma, più di ogni altra cosa, Capitano in azzurro, condividendo con il pilone nato in Sudafrica l’indimenticabile viaggio neozelandese del 1987. Il Presidente federale ha ricordato con profondo affetto il compagno scomparso: “ Non ci sono parole, solo dolore per la morte di Tito. Sapevo che il Covid lo aveva colpito e speravo che ce l’avrebbe fatta.  Invece no, come Massimo Cuttitta, se ne è andato nel paradiso dei piloni. Loro sicuramente ci vanno perché l’inferno lo hanno conosciuto sulla terra, nelle mischie di una partita di rugby. Voglio tornare con la memoria a quel giorno di maggio del 1987 quando quindici ragazzi italiani e quindici neozelandesi aprirono una nuova era nella storia del Rugby. C’era tanto sole e tante nuvole e c’erano i gabbiani. Eravamo fianco a fianco, fratelli sull’erba. Sono profondamente commosso dalla scomparsa di Tito e vicino, insieme a tutta la nostra Nazionale del 1987, alla sua famiglia, agli amici di Rovigo ed a tutti coloro che gli hanno voluto bene”.